Gal Gargano
Lo “Sperone d'Italia” circondato dal Mare Adriatico

Santuario di San Michele Arcangelo

Monte Sant'Angelo (FG)
Tipologia: 
Luogo di culto

La tradizione fa risalire l’arrivo del culto micaelico sulla montagna garganica all’ultimo decennio del V secolo, fissando al 490, 492 e 493 le tre apparizioni dell’Angelo, due delle quali al vescovo di Siponto. Le origini del culto micaelico del Gargano, tuttavia, potrebbero essere anticipate alla metà del V secolo, quando il cristianesimo, dopo essersi diffuso nelle circostanti zone pianeggianti, raggiunse anche quelle impervie del promontorio

 La ricostruzione della storia del santuario e del culto dell’Angelo sul Gargano si fonda prevalentemente sul “Liber de apparitione sancti Michaelis in monte Gargano” (Apparitio), una operetta agiografica variamente datata dal V all’VIII secolo e ricca di elementi miracolistici. Il racconto è conosciuto da tre episodi.
Il primo, l’"episodio del toro” riporta che un giorn o un ricco signore di Siponto faceva pascolare i suoi armenti sulla montagna del Gargano. All’improvviso scomparve il suo più bel toro. Il padrone lo cercò affannosamente nei luoghi più nascosti ed iruti e infine riuscì a rintracciarlo sulla vetta della montagna, inginocchiato sull’apertura di una spelonca. Preso dall’ira, scoccò una freccia cntro l’animale ribelle, ma in modo inspiegabile, anziché colpire il toro, la freccia ferì ad un piede il ricco signore.
Turbato dall’evento, egli si recò dal vescovo, che, dopo aver ascoltato il racconto della straordinaria avventura, ordinò tre giorni di preghiera e di penitenza. Allo scadere del terzo giorno al vescovo apparve l’Arcangelo Michele che così gli parlò: “Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una miascelta; io stesso ne sono il vigile custode… Là dove di spalanca la roccia possono essere peronati i peccati degli uomini… Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Và, perciò, sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano".

La seconda apparizione di S. Michele, detta “della Vittoria”, viene tradizionalmente datata nell’anno 492, anche se, per gli studiosi di oggi, il fatto si riferisce ad un episodio della guerra tra il duca Longobardo Grimoaldo ed i Greci nel 662-663, quando la vittoria avvenuta l’8 maggio fu attribuita dal Longobardi all’intercessione e al valido aiuto di S. Michele. Secondo la tradizione, la città di Siponto, assediata dalle truppe nemiche, e ra ormai vicina alla resa. Il vescovo S. Lorenzo ottenne dal nemico una tregua di tre giorni e si rivolse fiducioso al Celeste Condottiero di nuovo con la preghiera e la penitenza. Allo scadere del terzo giorno, al vescovo riapparve l’Arcangelo Michele che gli predisse una vittoria sicura e completa. Questo messaggio riempì di speranza i cuori degli assediati. I difensori uscirono dalla città e diedero inizio ad una furiosa battaglia accompagnata da terremoti, folgori, tuoni e saette di straordinaria intensità. La vittoria dei Siponti ni fu totale, con lo sterminio dei nemici.

La terza apparizione viene chiamata anche “l’episodio della Dedicazione”. Sempre secondo la tradizione, nell’anno 493, dopo la vittoria, il vescovo desiderava ormai obbedire al Celeste Protettore e consacrare al culto la Spelonca in segno di riconoscenza, confortato anche dal parere positivo espresso da papa Gelasio I (492-496), Ma di nuovo gli apparve l’Arcangelo e gli annunziò che Egli stesso già aveva consacrato la Grotta. Allora il vescovo di Siponto insieme ad altri sette vescovi pugliesi, in processione con il popolo ed il clero Sipontino, si avviò verso il luogo sacro. Durante il cammino, si verificò un prodigio: alcune aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i vescovi dai raggi del sole. Giunti alla Grotta, vi trovarono già eretto un rozzo altare, coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una Croce; inoltre, come racconta la leggenda, nella roccia trovarono impressa l’orma del piede di S. Michele. Il Santo Vescovo vi offri con immensa gioia il primo Divin Sacrificio. Era il 29 settembre.
La grotta stessa, come unico luogo non consacrato da mano umana, ha ricevuto nei secoli il titolo di "Celeste Basilica".

La quarta apparizione risale all’anno1656, quando in tutta l’Italia meridionale infieriva una terribile pestilenza. L’Arcivescovo Alfonso Puccinelli, non trovando alcun ostacolo umano da contrapporre all’avanzata dell’epidemia, si rivolse all’Arcangel o Michele con preghiere e digiuni. Il Pastore pensò addirittura di forzare la volontà divina lasciando nelle mani della statua di San Michele una supplica scritta a nome di tutta la Città. Ed ecco, sul far dell’alba del 22 settembre, mentre pregava in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant’Angelo, sentì come un terremoto e poi San Michele gli apparve in uno splendore abbagliante e gli ordinò di benedire i sassi della sua grotta scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M.A. (Michele Arcangelo). Chiunque avesse devotamente tenuto con sé quelle pietre sarebbe stato immune dalla peste. Il vescovo fece come gli era stato detto. Ben presto non solo la Città fu li berata dalla peste, secondo la promessa dell’Arcangelo, ma tutti coloro che tali pietre richiedevano, dovunque si trovassero.
A perpetuo ricordo del prodigio e per eterna gratitudine, l’Arcivescovo fece innalzare un monumento a S. Michele nella piazza della Città, dove ancora oggi si trova.

Indirizzo: 
Monte Sant'Angelo FG
Italia

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